Con il termine Economia Civile si intende principalmente una prospettiva culturale di interpretazione dell’intera economia, alla base di una teoria economica di
mercato fondata sui principi di reciprocità e fraternità, alternativa a quella capitalistica.
L’Economia Civile è un’economia di mercato e in quanto tale si basa sui seguenti principi:
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concetto di divisione del lavoro, ovvero la specializzazione delle mansioni che ha come conseguenza la realizzazione di scambi endogeni (differenti da quelli
“esogeni”, derivanti dall’esistenza di un sovrappiù) che, quindi, vanno ad aumentare la produttività del sistema in cui si inseriscono;
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concetto di sviluppo, che, da un lato, presuppone, rifacendosi ad una matrice culturale giudaico-cristiana, l’esistenza di solidarietà intergenerazionale,
ovvero di interesse da parte della generazione presente nei confronti di quelle future, mentre, dall’altro, si lega a quello di accumulazione;
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concetto di libertà di impresa, secondo il quale chi è in possesso di doti imprenditoriali deve essere lasciato libero di iniziare un’attività. Per doti
imprenditoriali si intendono: la propensione al rischio (ovvero l’impossibilità di avere garanzia dei risultati derivanti dall’attività imprenditoriale), l’innovatività o creatività (ovvero
la capacità di aggiungere in maniera incrementale conoscenza al prodotto/processo produttivo), l’ars combinatoria (l’imprenditore, conoscendo le caratteristiche dei partecipanti all’attività
imprenditoriale, le organizza per ottenere il risultato migliore);
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il fine, ovvero la tipologia di prodotto (bene o servizio) da ottenere.
È in particolare quest’ultimo principio a differenziare l’Economia Civile dall’economia di mercato capitalistica: se, infatti, quest’ultima ha assunto come fine
proprio del suo agire l’ottenimento del cosiddetto bene totale, l’Economia Civile persegue, invece, ciò che va sotto il nome di bene comune.